Nelle pillole ciniche e poetiche dei Giornali Notturni di Jan Fabre ho spesso trovato le definizioni giuste per il mio presente. Nella sua rabbia e insoddisfazione per la vita e per il sistema che lo circondava, ho trovato la voce che mi mancava per denunciare il mio senso di non appartenenza. Mentre con i monologhi paradossali di Rodrigo Garcia ho scoperto come si racconta un sogno. Entrambi hanno in comune quel bisogno, liberato da ogni filtro e ogni educazione di urlare il proprio pensiero, senza eliminare il loro lato più umano, fatto di paure e di desideri non realizzati. Questa rivoluzionaria spinta è riportata sotto forma di dialogo, un uomo e una bambina (che probabilmente sono due parti del sé) sono l’uno la guida dell’altro in questo processo di scoperta, crescita e rinascita.
In questo spazio bianco della mente avrà luogo il loro incontro. Tutto il percorso è scandito da un diario che temporalmente prende nota delle considerazioni rispetto alla vita che ancora non soddisfa e da cui si vuole sfuggire. L’incontro tra due esperienze diverse è al centro della trama ed è allo stesso tempo il centro del lavoro dei due attori.
Mentre il nostro tempo esalta il futuro, il progetto e l’intraprendenza, il lutto e la nostalgia ci ricordano che lo sguardo rivolto all’indietro non è sempre segno di impotenza, ma può anche alimentare le risorse che servono per essere davvero capaci di non smettere mai di nascere. Denunciare le nostre paure e i nostri limiti, passarci attraverso, riempirli per partire da loro per fare la vera grande rivoluzione; quella che parte da dentro di noi. Per sentirci tutti più umani, per smascherare il mito e vederlo uguale a noi.
Ingresso 10€ con tessera Arci.